E’ stata una procedura snella e veloce per superare un momento emergenziale di difficoltà economica e sociale delle famiglie, bastava una semplice autocertificazione e sulla fiducia (praticamente) i Comuni hanno assegnato i “buoni spesa antivirus” messi a disposizione dalla Protezione Civile Nazionale, complessivamente 400 milioni in tutta Italia.
Nessun redditto isee da dimostrare, l’obiettivo della misura era aiutare anche famiglie con abituali lavoratori in difficoltà a causa dell’inattività da coronavirus.
Unico presupposto più o meno esplicito era il senso civico dei cittadini ovvero le richiesta dei voucher andava fatta da chi effettivamente in difficoltà economica.
In linea generale i buoni spesa potevano essere richiesti da tutti i nuclei familiari, esclusi quelli con pensionati e dipendenti pubblici, mentre la priorità tra i beneficiari era riservata alle famiglie prive di reddito di cittadinanza e/o altri sussidi pubblici.
Richieste accettate e buoni consegnati, ma non esenti da controlli, sottolineano i primi cittadini italiani, che da Roma al più piccolo comune hanno dato mandato agli uffici di verificare la veridicità delle autocertificazioni presentate.
Brutto periodo per i furbetti del buono spesa, che tra qualche settimana potrebbero essere costretti a restituire al Comune quanto ricevuto senza diritto perché ottenuto sulla base di false dichiarazioni.